
Non si dorme mai davvero, la notte prima. C’è sempre un filo di tensione che impedisce di farlo, anche quando il corpo chiede riposo. La sveglia si mette comunque, che non si sa mai, anche se alla fine è solo una formalità: quando suona, gli occhi sono già spalancati da un pezzo.
La colazione salta perché lo stomaco è chiuso. Invece, le mani sono in fermento, vanno al borsone pronto da giorni: controlli tuta, protezioni, casco, guanti, stivali, lo fai un numero incalcolabile di volte. Il rituale è sempre lo stesso, non perché porti fortuna, ma perché serve per entrare in modalità gara, a tranquillizzarti e a ricordarti cosa sta per succedere.
Quando arrivi al Circuito Tazio Nuvolari di Cervesina (PV) hai attorno facce familiari, alcune sorridenti e altre un po’ meno. Tra loro ci sono meccanici, amici, qualcuno che scherza per stemperare e qualcun altro che preferisce restare zitto. Però ci vediamo e lo sentiamo sulla pelle tutti che siamo sulla stessa lunghezza d’onda: oggi si corre, si corre sul serio.
Casco in testa, testa altrove
Il momento prima di salire in sella è il più strano. Sei fermo, ma dentro è tutto in movimento. Pensi se fare l’ultimo salto al bagno, ripassi la pista con la mente, curva dopo curva, cerchi di ricordare il grip, i punti di staccata, dove hai sbagliato ieri e dove puoi guadagnare oggi. Fuori c’è chi urla, chi aggiusta qualcosa, chi fotografa e anche chi spera solo che tu non ti faccia male. Ma tutto sembra lontano, attutito dal casco e dall’astrazione del momento. Già perché nell’attimo prima sei lì, ci sei davvero, eppure sei anche più avanti, ti vedi mentre affronti quella curva o tagli il traguardo. Almeno per tanti è così, ma altri, invece, l’attimo prima non pensano più a niente, un po’ come il giorno della verifica: hai studiato tanto, sai tutto, poi arrivi lì e te ne scordi per un attimo. In pista, per fortuna, ci sono anche istinto e memoria muscolare, non solo concentrazione e nozioni.

E alla fine sei lì, con il casco addosso e un pensiero fisso in testa: sei arrivato qui, ora non puoi permetterti di sbagliare. Mentre lo pensi ti sembra un po’ di pregare anche se in Dio non ci credi, qualcuno però prega davvero, manda un bacio in cielo o si fa il Segno della Croce. Tutto è concesso, purché ci faccia stare bene, anche cose sciocche come ripetere a mente il solito mantra, o toccare 7 volte lo stesso identico punto della carena prima di partire. Piccole scaramanzie, gesti che servono a trovare l’equilibrio, che ci fanno pure ridere ma che prendiamo molto sul serio.
Pochi secondi al via
Il motore è acceso e il cuore picchia così forte che ne senti il battito fin dentro le mani, strette al manubrio più forte del solito. Le gomme si scaldano, il mondo rallenta. Sei solo, anche se sei circondato da un sacco di gente. La visiera si abbassa e sparisce tutto, persone, spalti, paddock: ci siete solo tu, il tuo scooter e la pista, più altra gente a cui far mangiare la polvere. Poi ti ritrovi a fare cose, quelle che hai imparato e quelle che ti vengono d’impulso, finché non vedi la bandiera a scacchi: è finita. Davvero, non c’è altro da fare se non i conti con gli altri.

Alla fine qualcuno salirà sul podio e qualcuno no, ci sarà chi avrà migliorato di mezzo secondo e chi avrà stretto i denti fino all’ultimo giro. Ma il cuore, in questa corsa, l’avranno messo tutti, dai ragazzi della Malossi Racing Academy ai veterani che calcano le griglie da anni. Il pubblico ha fatto il tifo, la tensione si è tagliata col coltello e la giornata è finita tra abbracci, pacche sulle spalle e qualche “alla prossima andrà meglio”.
I risultati ufficiali? Li trovi qui, ma tieni conto che non dicono proprio tutto. Per esempio, non dicono come mi sono classificato a Cervesina. Non perché sia un segreto, ma perché non importa più: ho in testa solo la finale dei Trofei Malossi, il 19-20 e 21 settembre a Varano de’ Melegari (PR).
