
Se diciamo Malossi, a cosa pensate?
Alle sgasate con i vostri cinquantini, ai pomeriggi in garage, alle avventure in motorino con gli amici. Ma anche a chi – pur distante migliaia di chilometri – ha reso possibile vivere quelle esperienze che si sono stampate nella nostra memoria come ricordi felici e memorabili: Malossi, la storica azienda di Calderara di Reno in provincia di Bologna, che produce parti speciali per motori di piccole cilindrate, 100% Made in Italy.
Noi abbiamo intervistato Alessandra Malossi, AD e Responsabile Commerciale dell’azienda dal 1986, che insieme al fratello guida l’impresa a tutto gas.
È stata un’ora intensa, in cui Alessandra ha risposto alle nostre domante con spontaneità.
Ecco cosa ci ha raccontato della Malossi durante 60 minuti in cui, a tratti, è stato difficile capire se stesse parlando di sé o dell’azienda. Il confine dopotutto è sottile.
Com’è una tua giornata tipo in Malossi?
È bella tosta! Il mio lavoro è nell’ambito commerciale e ogni giornata è diversa dalle altre in realtà, anche se tutte hanno in comune una cosa: inizio presto, alle 7:30 sono in ufficio. Questo perché essere nel front office commerciale significa essere la prima linea dell’azienda in tutto il mondo, con Paesi che lavorano in fasce orarie diverse. Per usare una metafora, è un po’ come essere in guerra perché ogni giorno c’è una battaglia da vincere.
E poi, essendo con mio fratello alla guida dell’azienda, c’è anche tutta la gestione strategica che richiede altrettanto tempo e dedizione.
Raccontaci com’è essere Alessandra Malossi
Sono una donna in un settore dominato dagli uomini e in un ruolo prevalentemente associato al cosiddetto sesso forte.
All’inizio ho sentito il dovere di entrare nell’azienda di famiglia – fortemente spinta da mio padre – e il mio lavoro non è sempre stato facile. Ho trovato la mia dimensione dopo molti anni e avvicinandomi sempre in punta di piedi sia ai miei pari che ai traguardi raggiunti, senza essere presa davvero sul serio per tanto tempo. Sai, sentivo spesso frasi come “ma cosa ne vuoi sapere tu, che sei una ragazza”.

È la presenza di mio fratello a farmi venire a lavorare volentieri e negli ultimi anni, grazie alla collaborazione con lui (quello che da sempre “ne sa” di motori) ho finalmente capito che il mio tocco femminile ha dato una marcia in più a Malossi. Ho imparato a far emergere la mia visione e ho dato al brand un senso di cura, bellezza e attenzione che rende Malossi un marchio ancora più speciale per chi lo ha nel cuore.
Ci sono riuscita grazie al lavoro di tutto il mio team, che mi ha seguita e aiutata a dimostrare quando Malossi sia attenta ai desideri dei Malosser, anche aiutandoli a realizzare i loro sogni.
Qual è la cosa che preferisci del tuo lavoro in Malossi?
Il rapporto umano e la soddisfazione di sorprendere le persone, di vederle felici.
Mi piace riuscire a cogliere un desiderio, anticipare il mercato, poter trasmettere chiaramente l’identità del nostro brand e i nostri valori.
Malossi è come una dimensione in cui persone di tutte le età possono ritrovarsi e condividere esperienze, occasioni per divertirsi, confrontarsi e farsi anche nuovi amici.
Vedo quanto la passione per la meccanica e la personalizzazione riesca a unire gente agli antipodi del mondo, mi riempie di gioia vedere che Malossi è alla base di una comunità che cresce grazie alla condivisione e a sani interessi comuni.
Noi lavoriamo per questo.
Prendi i Trofei Malossi: creiamo un ambiente sicuro in cui i giovani possono vivere l’emozione della velocità e il sogno di essere piloti, li distraiamo dai telefonini, cerchiamo di indirizzarli verso una sana competizione, facciamo capire loro che una sconfitta non è un fallimento e riusciamo a far assaporare a tutti i partecipanti il senso della libertà e dell’avventura.
Oggi tutte le aziende si autodescrivono come appassionate di ciò che fanno: noi dimostriamo con i fatti che lavoriamo con passione.
Qual è stato il tuo primo ciclomotore?
Un Bravo! Ma non l’ho scelto io, né il modello né il colore.
Devi sapere che in azienda abbiamo acquistato tutti i mezzi per i quali produciamo i nostri prodotti. A un certo punto a mio padre serviva un Bravo proprio per testare i prodotti Malossi, e quello è diventato sia un veicolo da sperimentazione, sia il mio motorino.
Ricordo che le mie amiche riuscivano a far partire i loro moped con un solo movimento del piede: il mio, invece, aveva così tante modifiche che accenderlo era faticosissimo, spesso mi facevo spingere. Però, una volta partito andava come una scheggia!

Usi ancora spesso i ciclomotori?
Sì, ogni volta che posso, anche per tornare a lavoro dopo pranzo.
La mia Vespa è un po’ un mezzo di trasporto e un po’ lo strumento che mi aiuta a cambiare prospettiva, a trovare nuove idee.
Mentre guido la Vespa trovo soluzioni inaspettate alle sfide che devo superare, oppure svuoto semplicemente la mente e mi ricarico. Guidarla mi aiuta a pensare, mi fa ritrovare la creatività.
Puoi capire: passo anche io la maggior parte del tempo rinchiusa in qualcosa, come l’ufficio, la casa o l’automobile. A bordo della Vespa ci sono solo io e, senza alcuna parete a circondarmi, mi guardo attorno e ritrovo le energie.
Hai un aneddoto memorabile legato a un giro in motorino?
Uno dei momenti più belli è stato il viaggio con mia cugina fino a casa di mia nonna, a Lagaro. Abbiamo attraversato le colline per arrivare da lei in montagna, eravamo ragazzine e quella è stata una vera avventura, un assaggio di libertà pura!
Oggi sembra che i ragazzi abbiano meno questo spirito d’indipendenza. Una volta il motorino era emancipazione, non vedevamo l’ora di uscire di casa da soli. Per noi il motorino significava poter decidere dove andare e con chi stare.
Adesso molti giovani dipendono dai genitori per gli spostamenti, passano direttamente alla patente, e forse si sta perdendo quel senso di avventura che era così prezioso per la mia generazione. Poi è anche normale che cerchino quell’emozione in alternative “più sintetiche” e magari meno costruttive.
In Malossi cerchiamo di mantenere vivo il desiderio di avventura e libertà in chi lo conosce bene, e proviamo ad accenderlo in chi finora non ne ha sentito il richiamo: è una fase indispensabile nella vita di ogni essere umano, secondo me.
Facciamo un gioco
Facciamo il ritratto cinese della Malossi dal tuo punto di vista. Se Malossi fosse…
- Una canzone
Sarebbe “Primavera” di Luca Carboni, un cantautore bolognese.
In sottofondo si sentono i rumori della stagione, uccellini e… motorini. Anche il video inizia con queste ragazze degli anni ’80 che tirano fuori i loro Sì dal garage, fanno miscela e via, partono con i capelli al vento (allora il casco non era obbligatorio).
La primavera era davvero questo: la promessa di nuove avventure con gli amici, la voglia di esplorare e la libertà di essere te stessa.
Mi sa che i leitmotiv di questa intervista siano l’avventura e la libertà (ride). - Un libro
“Succede sempre qualcosa di meraviglioso” di Gianluca Gotto
Parla di un ragazzo che vive una crisi profonda e parte per un viaggio durante il quale fa amicizia con Guilly, di origine vietnamita. Da lui e dal percorso – sia fisico che spirituale – del viaggio, il protagonista impara molto su di sé e sulla vita. - Una parte del corpo
Il cuore, ovviamente. - Un’opera d’arte
“Il bacio” di Klimt. C’è la passione, c’è l’emozione inebriante, il senso di vertigine. - Un film
Te ne dico due: “50 km all’ora” e “Veloce come il vento”. Anche qui c’è un bolognese d’eccellenza per il cinema italiano, Stefano Accorsi. - Un personaggio storico
Coco Chanel. Non te l’aspettavi, vero? La scelgo senza esitazione perché è stata una rivoluzionaria e ha saputo interpretare il mercato creando qualcosa che prima non esisteva. Credo che Malossi faccia lo stesso.
Forse un giorno farò le stesse domande a tuo fratello per confrontare le risposte.
Ma torniamo a noi.
Qual era il tuo sogno di bambina?
Disegnare. Pensa che disegnavo i viaggi con la Vespina, quindi in realtà c’è un denominatore comune con l’adulta che sono oggi.
E da grande, cosa vuoi diventare?
Credo di essere già sulla strada giusta. Ho sempre trovato un modo di rendere divertente il mio lavoro e di trasformarlo in un gioco, fin da giovanissima, quando aiutavo papà in azienda. Di conseguenza penso che se facessi qualsiasi altro mestiere sarebbe un po’ la stessa cosa: renderei le mie giornate interessanti e riuscirei a portare a termine con successo i miei compiti.
Sono felice di essere dove sono, perché qui riesco a fare grandi cose, riesco a farle bene e sento di fare qualcosa per tante persone sparse un po’ dappertutto.
Se dovessi sfidare un collega in una gara di accelerazione, chi sceglieresti e perché?
Andrea, mio fratello, perché sarebbe un avversario corretto: mi metterebbe alla prova senza darmela vinta, ma non mi prenderebbe in giro per il mio secondo posto.

Qual è stato il momento più “WOW” della tua vita in Malossi?
Uno dei momenti più forti è stato il 90esimo compleanno di mio padre, il Sig. Ugo Malossi che quest’azienda l’ha fondata.
Abbiamo organizzato per lui un’intera giornata a sorpresa e, quando è entrato alla festa, in quell’istante, ho capito che aveva compreso che stavamo portando avanti l’azienda nel modo giusto, che poteva fare un passo indietro.
Vedere la sua reazione è stata una grande emozione.
È stato anche il momento in cui ho realmente preso coscienza del fatto che oggi Malossi siamo io e mio fratello. Per tanto tempo ho vissuto sotto l’ombra di mio padre, ma ora sento di poter dare il mio contributo con una visione personale e autentica.
Progetti per il futuro?
Vivere al massimo questi anni, dare gas e vedere fino a dove possiamo arrivare. È un’accelerazione controllata, come su un cinquantino: ci metti un po’ ad arrivare, ma il viaggio è puro divertimento. Voglio portare avanti questa missione di trasmettere la passione per i motori alle nuove generazioni e creare occasioni per vivere esperienze indimenticabili.
I tuoi figli seguiranno le tue orme in azienda?
Chissà! Ho due gemelli che ora hanno 12 anni e li lascio liberi di scegliere la loro strada. Se un giorno vorranno far parte di Malossi, sarà una loro decisione.
L’azienda può andare avanti lo stesso, dopotutto i figli si possono anche adottare, penso per esempio a Henry Favre, che è ormai come un membro acquisito della famiglia Malossi.
